giovedì, Aprile 24, 2025
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Dal risparmio al rischio: l’Assistente Infermiere e la sicurezza dei pazienti

Walter De Caro, Presidente Nazionale CNAI in una lunga lettera al Direttore spiega perché l'assistente infermiere può mettere a rischio il sistema

Egregio Direttore, mi permetto di sottoporre alla Sua attenzione alcune riflessioni riguardo l’introduzione della figura dell’Assistente Infermiere nel sistema sanitario italiano. Questo alla luce delle recenti dichiarazioni della FNOPI e del suo vicepresidente Maurizio Zega. Le dichiarazioni rilasciate a ilfattoquotidiano.it presentano la figura dell’Assistente Infermiere come “una risorsa utile per migliorare l’efficienza del sistema e affrontare la carenza di personale”. E ancora “una risposta concreta messa in campo dalle istituzioni per affrontare l’invecchiamento della popolazione”. Tuttavia, tali affermazioni appaiono davvero non in linea con le evidenze scientifiche disponibili e con gli interessi della professione infermieristica nel contesto nazionale.

Assistente infermiere: non è solo una questione di costi

Appare davvero peculiare che si giustifichi questa nuova figura con argomentazioni di natura prettamente economica, affermando che “Non ha senso assegnare compiti di base a un infermiere laureato che costa di più. Sarebbe come chiedere a un primario di consegnare la posta prima di andare a operare in ospedale”. Questa visione riduzionistica equipara l’assistenza infermieristica e sanitaria in generale a una mera questione di costi e di meccanicismi, ignorando completamente l’impatto sulla qualità delle cure e sulla sicurezza dei pazienti.

I rischi per i pazienti se il personale non è formato in modo adeguato

Come sottolineato da Darbyshire (2017), il dibattito su queste figure spesso genera più calore che luce, con argomentazioni basate su preoccupazioni di “patch protection” e non sul benessere dei pazienti. La letteratura scientifica internazionale dimostra inequivocabilmente che la sostituzione di infermieri qualificati con personale meno preparato comporta significativi rischi per i pazienti. Griffiths et al. (2024) hanno dimostrato una chiara correlazione tra la composizione del team infermieristico e la mortalità ospedaliera, evidenziando come la presenza di personale non adeguatamente formato aumenti i rischi per i pazienti. Analogamente, Dall’Ora et al. (2022) hanno confermato che livelli adeguati di personale infermieristico qualificato (infermieri laureati) sono essenziali per garantire esiti positivi. Twigg et al. (2019) hanno condotto una revisione sistematica che ha evidenziato come il mix di competenze nel team infermieristico sia direttamente correlato agli esiti sensibili all’assistenza infermieristica. Lo studio fondamentale di Aiken et al. (2014) ha dimostrato che negli ospedali con una maggiore proporzione di infermieri laureati si registra una significativa riduzione della mortalità.

Cosa viene a mancare al paziente

La frammentazione dell’assistenza infermieristica – quella denominata di base nell’intervista in parola, come sottolineato da Stalpers et al. (2025), compromette la valutazione olistica del paziente, elemento cardine della professione infermieristica. Hope et al. (2025) hanno documentato come l’interruzione e il ritardo nella rilevazione dei parametri vitali in ambito ospedaliero siano già problematici; l’introduzione di figure con formazione limitata potrebbe ulteriormente aggravare questa situazione.

Darbyshire (2017) citando Spilsbury and Meyer (2005)  mette in guardia sul fatto che le figure quali i CNA (Certified Nurses Assistant)  spesso lavorano senza la supervisione adeguata degli infermieri, evidenziando che in pratica, riferiscono, e sono stati osservati, lavorare prevalentemente da soli, fornendo assistenza al letto del paziente senza il supporto e la supervisione degli infermieri laureati. Circa i recenti “Nurses Associate” inglesi, gli stessi svolgono un percorso di due anni nelle università. Non si comprende come si possa sostenere con tale forza un’iniziativa che rischia di destrutturare la professione infermieristica.

A rischio il ruolo degli OSS

La creazione di questa figura ibrida comporterà inevitabilmente una contrazione iniziale del numero di OSS, con molti operatori che aspireranno a diventare Assistenti Infermieri, creando un vuoto assistenziale in ruoli già critici e rischiando di innescare  davvero un demansionamento infermieristico senza limiti.  Altro che limitarlo! Tra l’altro con il concreto  rischio di “deskilling” per gli infermieri, con conseguenze nefaste sulla qualità dell’assistenza.

Le funzioni di base dell’assistente infermiere

Quali sarebbero  le cosiddette funzioni “di base” attribuite all’assistente infermiere? Quelle per cui, secondo le dichiarazioni del Dr. Zega, “Sarebbe come chiedere a un primario di consegnare la posta prima di andare a operare in ospedale”:

Eseguire ECG.
Somministrare la nutrizione enterale in condizioni di stabilità clinica.
Effettuare la medicazione della gastrostomia stabilizzata.
l’aspirazione delle secrezioni oro-faringee, nasofaringee.
la pulizia e cura della cute di stomie stabilizzate e la sostituzione dello specifico sistema di raccolta.
Rilevare e registrare segni vitali (frequenza cardiaca, frequenza respiratoria, temperatura corporea, pressione arteriosa).
In situazioni di stabilità clinica e trattamenti cronici, preparare e far assumere farmaci per via naturale (orale e sublinguale, topica: transdermica, cutanea, otologica, oftalmica, nasale, inalatoria, vaginale, rettale), tramite accessi enterali stabilizzati. Previa valutazione dell’infermiere delle condizioni clinico-assistenziali e con la sua supervisione somministra farmaci per via intramuscolare, sottocutanea.
Utilizzare dispositivi Point-of-Care (POCT) per processare campioni biologici.
Rilevare e segnalare la comparsa di alterazioni relativamente alle attività svolte su: cute, mucose e aree peristomali.
Riconoscere segni di allerta da comunicare tempestivamente.
Rilevare la saturazione di ossigeno mediante sensore/pulsi ossimetro.
Rilevare e segnalare dislocazione del dispositivo di infusione, interruzioni di flusso, alterazioni del flusso di infusione.
Effettuare, in assistiti con tracheostomia stabilizzata e clinicamente stabili, l’aspirazione delle secrezioni, la medicazione, la pulizia della cannula tracheostomica.
Applicare cannule nasali, maschere facciali per la somministrazione di ossigeno.
Sostenere o sostituirsi alla persona assistita in situazioni di stabilità clinica e ai famigliari nello svolgimento di attività di autocura a carattere sanitario.
Coadiuvare i professionisti sanitari nelle cure di fine vita.
Collaborare nell’adottare interventi integrati e interdisciplinari per facilitare la libertà di movimento e evitare la contenzione.
Collaborare con i professionisti sanitari rispettando i ruoli.
Partecipare attivamente alle riunioni del team.
Collaborare per la definizione di strumenti operativi per le parti di competenza.

 

Non semplici mansioni meccaniche

Queste attività denominate di “base” rappresentano, per converso, attività e momenti cruciali di valutazione e relazione terapeutica, non semplici “mansioni” meccaniche.

Delegarle sic et simpliciter, a figure meno preparate, senza nessuna modalità di sperimentazione e senza tener conto dei maggiori studi internazionali, significa svilire il ruolo fondamentale dell’infermiere e mettere a rischio la sicurezza dei pazienti.

Come chiaramente evidenziato dalla lista di attività allegata al provvedimento di istituzione, l’Assistente Infermiere svolge queste attività infermieristiche con un livello di autonomia e discrezionalità che è si inferiore a quello dell’infermiere,  ma presenta ambiguità del quadro giuridico, con rimandi alla costante necessità di “supervisione”, “collaborazione” e “attribuzione” da parte dell’infermiere che ingenera una preoccupante confusione sulle reali responsabilità e sulle possibili implicazioni legali nell’eventuale verificarsi di eventi avversi.

Una formazione di 500 ore

La sua formazione è limitata a sole 500 ore, in parte in formato FAD con requisiti di scolarità limitati in virtù degli anni di servizio da OSS (l’infermiere  – a livello europeo – si forma in 4600 ore con un titolo riconosciuto che consente la mobilità tra Paesi), palesemente inadeguate per garantire la necessaria competenza e sicurezza nell’esecuzione di tali attività. Occorre inoltre sottolineare l’assoluta ambiguità del quadro giuridico del provvedimento di istituzione che inquadra tale figura. La costante necessità di “supervisione”, “collaborazione” e “attribuzione” da parte dell’infermiere genera una preoccupante confusione sulle reali responsabilità e sulle possibili implicazioni legali nell’eventuale verificarsi di eventi avversi.

Un’ attività non proprio di base

In ogni caso tornando alla tabella delle attività degli assistenti infermieri che secondo quanto dichiarato sono “attività di base”, esse rappresentano attività e momenti cruciali di valutazione e relazione terapeutica, non semplici mansioni meccaniche.

Delegarle, si ripete, a figure meno preparate significa svilire il ruolo fondamentale dell’infermiere e mettere a rischio la sicurezza dei pazienti.

Non da ultimo, non si può non notare che non sembrano risultare Ordini Professionali, in Italia ed al mondo, che abbraccino figure meno formate e meno retribuite per erogare funzioni assistenziali infermieristiche.

Il parere negativo dei sindacati

Rispetto all’assistente infermiere è risultato chiaro e palese il parere negativo della maggioranza delle organizzazioni sindacali quali FP CGIL, UIL FLP, NURSING UP, FIALS, FSI – USAE, CONFINTESA,USB, UGL, COINA, MIGEP e SHC OSS, con  l’EFN – la Federazione Europea delle Associazioni infermieristiche e numerose organizzazioni scientifiche professionali.

Tra l’altro è oggetto di una petizione che vede oltre 15.000 firme di infermiere/i che si invita a firmare ancora ( www.change.org/assistenteinfermiere ).

Questo evidenzia – come  anche in virtù di questa posizione  sia palese ed evidente che la funzione “sussidiaria” dello Stato, viene interpretata con  una visione appiattita su logiche che hanno poco a vedere con la funzione di “rappresentanza” della categoria.</p>

Si evidenzia, quindi, la necessità di pervenire rapidamente a modifiche stringenti alla Legge 3/2018 riguardo alle funzioni di tutela e rappresentanza specifiche rimesse degli ordini professionali, specie osservando i dati delle recenti elezioni che vedono percentuali di votanti inferiori al 7% su base nazionale e con province con meno dell’uno per cento di votanti.

Perché dico NO all’assistente infermiere

Alla luce di quanto esposto, è evidente che l’introduzione dell’Assistente Infermiere rappresenta una soluzione semplicistica a problemi complessi, basata esclusivamente su logiche economiche a breve termine che non tengono conto della sicurezza dei pazienti.

L’obiettivo che sembra delinearsi è la sostituzione infermieristica –con figure meno formate e meno pagate.

Questo nonostante gli studi di Griffiths et al. (2023) dimostrano che investire in personale infermieristico adeguatamente formato e in un corretto skill mix è anche economicamente vantaggioso nel lungo periodo.

Non da ultimo, sarebbe auspicabile una profonda riflessione su questo provvedimento partendo dalla denominazione di questa figura, e sulla necessità di di evitare di avallare iniziative potenzialmente dannose per la professione infermieristica e per la sicurezza dei pazienti.

La carenza di infermieri non si risolve con gli assistenti infermieri

La carenza di infermieri è un problema reale, ma la soluzione non può essere una diluizione delle competenze professionali.

È necessario invece investire nella formazione infermieristica (rispetto a quella dei medici) e nel riconoscimento concreto della professione infermieristica, creando condizioni di lavoro e retribuzioni adeguate per attrarre e mantenere personale qualificato.</p>

Confidando in una riflessione approfondita su questi temi cruciali, porgo distinti saluti.

Walter De Caro                                                                                                      Presidente Nazionale CNAI                                                                                    w.decaro@cnai.pro

 

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