lunedì, Gennaio 13, 2025
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Chirurgia plastica: con auto ricostruzione e staminali addio alle protesi sintetiche

Nuove tecniche permettono di correggere malformazioni, ricostruire un seno dopo l’asportazione di un tumore senza uso di protesi, o un arto subito dopo un incidente. Ne parliamo con il Professor Baruffaldi Preis, direttore del reparto Centro ustioni e chirurgia plastica ricostruttiva del Grande Ospedale Metropolitano Niguarda di Milano

I postumi di un incidente grave, di un intervento di neoplasia alla mammella o di una malformazione oggi si possono correggere nel migliore dei modi grazie alla chirurgia ricostruttiva. Tecniche sempre più affinate e metodologie innovative che garantiscono ottimi risultati in termini estetici, senza rigetto ed  effetti collaterali. Ne abbiamo parlato con il Dottor, Professor Franz Wilhelm Baruffaldi Preis, direttore del reparto Centro ustioni e chirurgia plastica ricostruttiva del Grande Ospedale Metropolitano Niguarda di Milano. Un reparto che gestisce anche la struttura semplice di terapia Tissutale con il laboratorio di Bioingegneria e sede della banca dei tessuti cutanei e cartilaginei della Lombardia.

Dottor, Professor Franz Wilhelm Baruffaldi Preis, direttore del reparto Centro ustioni e chirurgia plastica ricostruttiva del Grande Ospedale Metropolitano Niguarda di Milano.

Professore, quali sono le novità nell’ambito della chirurgia plastica ricostruttiva?

«Le principali novità riguardano l’intervento di ricostruzione della mammella. Grazie all’impiego della microchirurgia, infatti, siamo in grado di effettuare l’auto ricostruzione evitando l’uso di protesi sintetiche. Questo permette di avere due grossi vantaggi: non genera problemi meccanici con la protesi e questa non deve essere sostituita dopo 15 anni quando si deteriora ».

Come avviene l’auto ricostruzione?

«L’intervento viene fatto con una équipe di microchirurgia contestualmente alla rimozione del tumore. Si preleva un lembo di tessuto adiposo dall’addome o dal solco gluteo e lo si collega con i vasi della regione mammaria. Si effettua in questo modo  l’auto protesi. Viene utilizzata questa tecnica anche in pazienti che hanno la variante patogenetica BRCA1 e BRCA2  con il rischio aumentato di sviluppare il tumore alla mammella».

Possono esserci effetti collaterali o controindicazioni per il paziente sottoposto a questa chirurgia plastica?

« Il lembo viene preso dall’addome o dal solco gluteo e quindi sono zone che non penalizzano le caratteristiche fisiche della paziente. Inoltre, non c’è il rischio di rigetti, o di reazioni meccaniche avverse alla protesi. A differenza delle protesi sintetiche poi che vanno incontro all’usura».

La chirurgia ricostruttiva, oltre al seno, in quali altre situazioni viene utilizzata?

«Ricostruiamo i pazienti dopo incidenti stradali, dove è necessario ricostruire un arto ed allora si ricorre alla ortoplastica, ovvero l’ortopedia che ripara le ossa, associata alla chirurgia ricostruttiva per provvede a ristabilire la funzione dei  tessuti molli necessaria per la sopravvivenza dell’arto.  Anche in questo caso si prendono  lembi di cute e muscolo e si collegano  con i vasi della gamba dando origine ad un vero e proprio pezzo di ricambio dove non c’era. Così è possibile salvare la gamba che, altrimenti andrebbe incontro all’amputazione ».

Anche le malformazioni congenite possono essere corrette con la chirurgia ricostruttiva?

«Dalle malformazioni vascolari alle malformazioni del distretto cervico facciale, agli arti inferiori e superiori, esistono degli interventi codificati che ci permettono di migliorare sia la funzione che l’aspetto della struttura nata malformata. Le sindromi più complesse devono essere prese in carica da team multidisciplinari che operano insieme per correggere la malformazione. Anche in questi casi non c’è  rischio di rigetto o infezione perché si utilizza tessuto biologico del paziente. Là dove è possibile si ricorre anche alla chirurgia rigenerativa».

Di cosa si tratta?

«Si parla di chirurgia rigenerativa quando si effettua un prelievo di tessuto adiposo con una micro-cannula attraverso la tecnica del lipofilling. Si estraggono delle cellule totipotenti, dette anche staminali, in grado di migliorare la vitalità dei tessuti, ovvero in grado di migliorare la vascolarizzazione. Queste cellule, si trovano vicino ai vasi e sono chiamate pre-adipociti. Stimolano la neoangiogenesi per irrorare i tessuti e i vasi, inoltre modulano i processi di riparazione. Per questo motivo vengono spesso utilizzate  per riparare i danni della radioterapia, per correggere lesioni, ulcere e malattie che atrofizzano la pelle come il lichen. In questo modo la pelle ritrova una seconda giovinezza. I campi di applicazione  sono molteplici e  danno benefici non solo dal punto di vista estetico, ma funzionale».

Il futuro della medicina ricostruttiva in che direzione va?

«Dopo la chirurgia generale e l’urologia, anche nella chirurgia plastica sta entrando nel mondo della robotica. Il robot è un fedele alleato del chirurgo perché permette di essere più preciso e selettivo. Il suo ruolo è di rendere più precise e funzionali  i collegamenti   tra i vasi sanguigni e  i tessuti danneggiati dalla lesione di  vasi linfatici.  Risulta molto utile anche nella riparazione delle strutture nervose. In futuro grazie al robot sarà possibile affinare sempre più le tecniche e fare interventi anche con un chirurgo a 300 km di distanza».

La chirurgia plastica (ricostruttiva e rigenerativa) è prevista dal Servizio Sanitario Nazionale?

«Si tratta di interventi di alta precisione e innovazione fatti  soprattutto nei centri specializzati di ospedali pubblici. Questo perché la  microchirurgia   richiede tempi lunghi ed  importanti investimenti economici . Le strutture private  non sempre sono  in grado di supportare costi che le Regioni solo in parte rimborsano, quindi scelgono altre tipologie di interventi, meno onerosi e più veloci».

Federica Bosco
Federica Bosco
Direttore Responsabile di QuotidianodellaSalute.it. Giornalista professionista, con una lunga esperienza nella comunicazione scientifica, sanitaria e nel sociale. “Parlare è un bisogno, ascoltare un’arte” diceva Goethe e forte di questo pensiero a poco più di 20 anni durante gli studi universitari ho iniziato a maturare esperienza in alcune trasmissioni televisive per raccontare lo sport, andando a cercare storie di promesse e futuri campioni. Completati gli studi al master di giornalismo e pubbliche relazioni di Torino, ho iniziato a collaborare con il quotidiano “Stampa Sera”, per diventare qualche anno più tardi inviata per la testata giornalistica Video News, del gruppo Fininvest. Dal 1998 mi occupo di giornalismo di inchiesta. Tra il 2013 ed il 2015 ho condotto una trasmissione televisiva per Media system dedicata al terzo settore per poi virare nella comunicazione sanitaria e scientifica. Amo le sfide e per questo in trent’anni di carriera non mi sono mai fermata. Ho cercato sempre nuove avventure: televisive, radiofoniche, su carta stampata e, negli ultimi dieci anni sul digitale. Nel frattempo, ho pubblicato tre libri inchiesta: La Bambina di Bogotà (2015) tradotto anche in inglese, Sbirri Maledetti eroi (2019) tradotto in francese, tedesco e inglese e RaccontaMI (2021). Apprezzo la gentilezza e la sensibilità, valori che provo a trasmettere anche nel mio lavoro. Professionalità, precisione e rigore sono caratteristiche che mi contraddistinguono. Ho scritto un romanzo su una storia di adozione internazionale perché credo che l’amore non abbia confini... e i bambini siano il bene più prezioso della vita. Amo i miei figli. Adoro viaggiare e scoprire volti e storie da raccontare. Ho fatto atletica per dieci anni a livello agonistico, amo lo sprint, la competizione e il gioco di squadra tre valori che mi ha trasmesso lo sport e che ho fatto miei. Vorrei riuscire a guidare una squadra vincente in grado di scalare una montagna e una volta arrivata in cima capace di pensare di essere solo a metà del percorso.
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