Vivere con un’alimentazione priva di proteine, è questa la difficoltà che devono affrontare quotidianamente i pazienti affetti da fenilchetonuria, o sindrome di PKU, per stare bene. Una condizione non facile con cui convivere, dalla nascita. Lo sanno bene i genitori di questi piccoli pazienti (in Italia sono 1 ogni 4000) costretti ad una rigida dieta ipoproteica da sempre, e per sempre. Eppure, c’è chi è riuscito a superare le difficoltà, vivere una quotidianità serena e diventare anche campionessa di Taekwondo.
La storia di Chiara
Chiara ha 12 anni. è affetta da fenilchetonuria dalla nascita; eppure, a 12 anni è campionessa di Taekwondo con una buona qualità della vita. La sua condizione impone un’alimentazione priva di proteine e questo ha modificato gli equilibri di tutta la famiglia. «Quando i medici ci dissero che Chiara era affetta da questa malattia metabolica rara è stato uno shock – racconta mamma Veronica in un video realizzato in occasione della giornata mondiale della fenilchetonuria il 28 giugno -. Dopo un primo disorientamento, però, ci siamo affidati ai medici e modificato la nostra quotidianità». I genitori studiano un nuovo stile di vita in cui la bilancia diventa una preziosa compagna di viaggio. «Senza bilancia non si va da nessuna parte – ammette Veronica -. Con la bilancia invece siamo in grado di gestire anche un pranzo al ristorante».
Le ricette della nonna per sopravvivere alla fenilchetonuria
Per far fronte alle esigenze di Chiara tutta la famiglia si mobilita. Il papà la porta in palestra all’età di sei anni, la mamma in cucina sperimenta nuovi piatti e crea le varianti di prodotti tipici della cucina napoletana. La nonna addirittura crea un ricettario, sperimenta, miscela farine e sostanze aproteiche. Tutti insieme, una grande squadra per aiutare Chiara. «I momenti difficili non sono mancati—ammette la mamma – in particolare nell’adolescenza, quando Chiara non capiva cosa fosse la malattia e i divieti che eravamo costretti a imporre a tavola. Ma col tempo e la forza dell’amore i no detti con fermezza sono stati compresi ed oggi a 12 anni addirittura è lei che si cimenta in cucina, ma soprattutto non ha paura né remore di andare in giro da sola».
Cos’è la fenilchetonuria
La fenilchetonuria è una malattia metabolica rara che limita la capacità dell’organismo di metabolizzare gli alimenti proteici, in particolare quelli contenenti la fenilalanina (PHE) che, se accumulata, può portare nel tempo a effetti tossici gravi che influiscono sulle capacità neuro cognitive. «Sappiamo che la PKU può causare problemi di apprendimento o memoria se non curata adeguatamente. Disturbi motori e dell’umore come ansia e depressione, iperattività e aggressività ma anche un ritardo neuro cognitivo – fa notare Alberto Burlina, Direttore del Centro Regionale Malattie Metaboliche Ereditarie della Regione Veneto e Direttore UOC delle Malattie Metaboliche Ereditarie dell’AO di Padova -. Quindi è fondamentale un attento controllo periodico dei livelli di fenilalanina e un dialogo costante con i pazienti per valutare la capacità di gestione della malattia».
Come si cura
Dal 1992 in Italia la PKU è inserita nello screening neonatale obbligatorio. Questo permette una diagnosi precoce e l’inserimento nel corretto percorso di cura. Chi invece ha ricevuto una diagnosi tardiva ha avuto, e continua ad avere, difficoltà cognitive. Essendo la cura primaria una dieta priva di proteine, questa malattia ha un forte impatto nella quotidianità dei pazienti a scuola, nel lavoro e nella vita sociale. «Una difficoltà che col tempo si traduce in una scarsa aderenza terapeutica – fa notare Valentina Rovelli, medico della clinica pediatrica AO San Paolo – ASST Santi Paolo e Carlo – Università degli Studi di Milano -. Un effetto che a lungo termine genera danni per la salute dovuti al crescente accumulo dell’effetto tossico della fenilalanina». Fortunatamente oggi esiste un nuovo farmaco, disponibile sopra i 16 anni di età, che consente di mantenere sotto controllo la malattia allentando le restrizioni alimentari.
Il ruolo delle associazioni
Un ruolo fondamentale per l’aderenza alle terapie e per il controllo della malattia viene svolto dalla famiglia e dai caregiver dei pazienti affetti da PKU. Per questo sono nate in Italia ben sette associazioni di genitori e a pazienti affetti da fenilchetonuria. Il loro compito è fondamentale: da un lato sostengono il malato, dall’altra promuovono una maggiore consapevolezza e le informazioni sulla malattia presso le istituzioni. Non solo, con le loro esperienze aiutano la ricerca nello sviluppo di nuovi farmaci. «Dal momento della diagnosi neonatale di PKU inizia un percorso che accompagna le famiglie e i pazienti per tutta la vita – racconta Manuela Vaccarotto, Vicepresidente di AISMME (Associazione Italiana Sostegno Malattie Metaboliche Ereditarie) -. Il nostro compito è quello di facilitare la condivisione delle esperienze, lo scambio delle informazioni e le buone pratiche per affrontare una sfida comunque complessa». «Io sono una persona positiva e voglio dare un messaggio positivo – conclude Veronica Bisconti, mamma di Chiara e segretaria di APE-Associazione PKU Aps di Napoli -. La malattia impone uno stile di vita diverso con cui si può vivere serenamente».
Le associazioni italiane
Per ricevere informazioni o condividere esperienze le associazioni oggi presenti in Italia specializzate sul tema della fenilchetonuria sono:
AISMME (Associazione Italiana Sostegno Malattie Metaboliche Ereditarie)
A.ME.GE.P Domenico Campanella ODV (Associazione Malattie Metaboliche e Genetiche Puglia)
Cometa A.S.M.M.E. (Associazione Studio Malattie Metaboliche Ereditarie)
AMMeC (Associazione Malattie Metaboliche Congenite ODV)
APS L’APE Associazione PKU – Campania
IRIS (Associazione Siciliana Malattie Ereditarie Metaboliche Rare ODV)