Quando le ginocchia fanno male per l’artrosi possono esserci diversi rimedi, dai farmaci fino all’intervento chirurgico. La ricerca e le nuove tecnologie nel tempo hanno permesso agli ortopedici di arrivare ad affinare le tecniche fino ad utilizzare, con successo, anche le cellule staminali. Ne parliamo con il dottor Gianmarco Regazzola, chirurgo ortopedico, specializzato nella chirurgia protesica che pratica presso l’istituto Clinico Sant’Anna di Brescia e all’Ospedale Pederzoli di Peschiera del Garda.
Dottore come vengono utilizzate le cellule staminali di un individuo per curare l’artrosi del ginocchio?
«Partiamo dal presupposto che le cellule staminali hanno una funzione di potente antinfiammatorio. Sono ricche di fattori di crescita e bloccano la cascata di citochine. Di conseguenza sono in grado di ridurre il dolore al ginocchio e di migliorarne la funzionalità. È bene ricordare però che in uno stadio avanzato della malattia (IV stadio) questo trattamento può avere una durata breve perché la componente meccanica del ginocchio, ovvero il funzionamento delle superfici articolari viene meno e quindi determina una nuova percezione di dolore».
Dunque, solo in una fase iniziale dell’artrosi è indicata la terapia con le cellule staminali?
«In una fase iniziale o moderata della malattia le cellule staminali garantiscono un buon risultato. Anche quando altre terapie convenzionali non dovessero funzionare, come fisiokinesi, infiltrazioni di cortisone o di acido ialuronico, allora le cellule staminali possono essere un buon rimedio. Allo stesso modo se il paziente con artrosi al ginocchio avanzata dovesse essere particolarmente sintomatico, oppure avere delle comorbidità, essere cardiopatico oppure avere patologie croniche importanti tali per cui il quadro generale è compromesso, allora le cellule staminali possono essere un rimedio utile a ritardare il più possibile l’intervento chirurgico».
Come avviene l’estrazione delle cellule staminali?
«Possono essere prese dal plasma ricco di piastrine. Si centrifuga il sangue periferico, si estrae la parte relativa al plasma ricco di piastrine e si inietta all’interno delle articolazioni. In questo caso, però, non si tratta di cellule staminali vere e proprie, perché queste si estraggono solo dal midollo osseo e dal grasso sottocutaneo addominale, di cosce e glutei».
Quale tecnologia si utilizza per estrarre e poi iniettare le cellule staminali nel ginocchio?
«Si prelevano le cellule del midollo osseo con un apposito macchinario, non vengono in quel caso processate le cellule, ma iniettate direttamente all’interno dell’articolazione. La siringa è fatta in modo da poter prelevare solo i periciti, e non il sangue midollare, grazie a delle cavità presenti sulla punta. Queste cellule sono potenti perché liberano dei fattori antinfiammatori. Nel caso di prelievo di grasso addominale, dei glutei e delle cosce, invece, occorre fare un vero e proprio intervento in anestesia locale. Si utilizza una bacchetta con una soluzione e si procede come fosse una liposcultura. Si rompe il grasso addominale, si aspira, si filtra e si staccano le cellule che rivestono la parte adiposa. La parte aspirata con le siringhe si inietta nell’articolazione da trattare».
Ci sono controindicazioni?
«Sicuramente questa terapia non è indicata a chi è anziano perché più si invecchia e minore è la quantità di cellule che si possono prelevare. Anche i soggetti molto magri non sono ideali per eseguire questa tecnica perché è difficile fare un prelievo di grasso periferico. In quel caso si preferisce l’intervento da midollo osseo, ricordando che anche questo invecchia e dunque andando avanti con gli anni la quantità da prelevare si riduce. Soggetti con patologie tumorali, metastasi periferiche, malattie delle ossa, o pazienti molto provati dal cortisone non possono curare l’artrosi con le cellule staminali. Non ci sono grosse controindicazioni se il paziente è in buona salute».
Quai sono i vantaggi rispetto ad altri trattamenti?
«Rispetto ad una infiltrazione di acido ialuronico o di cortisone il principale vantaggio è rappresentato dalla durata della terapia. Se con il cortisone l’assenza di dolore si esaurisce in qualche giorno e con l’acido ialuronico in qualche mese; le cellule staminali sono in grado di togliere il dolore anche per due anni. D’altra parte, le cellule staminali si possono somministrare una volta soltanto. Se dopo sei o dodici mesi il paziente avverte di nuovo il dolore, significa che la terapia non funziona e il paziente deve fare l’intervento chirurgico».
Le cellule staminali funzionano anche su legamenti rotti o menischi?
«Il plasma ricco di piastrine ha una letteratura a supporto in caso di epicondiliti. Tendinopatie del tendine rotuleo o del quadricipite e del tendine di Achille perché aiuta a migliorare i quadri di tendinopatia acuta e cronica. Per quanto riguarda la patologia meniscale, invece, non c’è evidenza scientifica che le cellule staminali riescano a riprodurre la cartilagine del menisco, quindi si predilige l’intervento chirurgico».