giovedì, Aprile 24, 2025
HomeRubricheSanità nel mondoBelgio: sanità efficiente nonostante pochi medici. Il segreto? L’organizzazione

Belgio: sanità efficiente nonostante pochi medici. Il segreto? L’organizzazione

In Belgio i medici hanno più autonomia, lavorano per obiettivi e il primario è responsabile del successo del team. Due medici italiani ci guidano alla scoperta della sanità belga tra le più efficienti d'Europa

Tra i paesi con il sistema sanitario più efficiente al mondo c’è il BELGIO tanto che la sanità belga si distingue per liste d’attesa brevi, costi contenuti e un sistema sanitario nazionale che soddisfa i pazienti.  Un modello, dunque, di buona sanità che andremo a scoprire nello speciale dedicato al Belgio. In questo viaggio al centro dell’Europa sono in compagnia di due medici italiani: Tatiana Poni, medico di medicina generale di Brescia da undici anni nella città fiamminga di Bree ed Ernesto Balì oculista di Napoli oggi capo dipartimento di oftalmologia degli ospedali Chirec di Bruxelles.

 

<yoastmark class=

Tatiana ed Ernesto due medici italiani “specializzati” in Belgio

Tatiana ed Ernesto hanno studiato  medicina in Italia per poi scegliere di fare la specializzazione in Belgio, dove sono arrivati rispettivamente dall’Irlanda e dall’Olanda. «La formazione di un medico in Belgio inizia con un percorso universitario a numero chiuso, ma una volta superato lo scoglio del concorso locale, lo studente di medicina si misura praticamente da subito con la professione – racconta Ernesto Balì -. Quindi  lo studente di medicina può essere chiamato ad accogliere il paziente in ospedale. Nell’ultimo anno del corso di laurea in medicina, poi, ha modo di decidere quale strada intraprendere, anche se per accedere alla specializzazione deve superare una selezione» .

Una formazione che penalizza i belgi

Proprio l’accesso alla scuola di specializzazione rappresenta l’unico anello debole del sistema sanitario del Belgio.

Ascolta la puntata della serie di Mondo Sanità dedicata alla  formazione dei medici in Belgio

 

Opportunità di carriera e massima autonomia

Essere medico in Belgio significa appartenere ad un ordine professionale, ma al tempo stesso avere molta autonomia.  «Bisogna prima di tutto far riconoscere la laurea e la specializzazione. Si tratta però di una procedura molto semplice – spiega Tatiana -. Perché le lauree in Europa sono equiparate e occorre solo far tradurre il documento nella lingua ufficiale. Poi è richiesto un certificato di lingua olandese o francese a seconda del luogo di lavoro. Fatto questo si può iniziare a lavorare».   Scegliendo di stabilirsi in questo Paese, i medici italiani possono beneficiare di un contratto favorevole allo sviluppo della carriera con una serie di interessanti opportunità professionali. «La proprietà degli ospedali è di enti terzi che possono essere associazioni di medici, organismi religiosi, mutui, o Inps che poi è anche l’organo che paga tramite le mutue o direttamente attraverso gli ospedali. Quindi tutto è convenzionato, non esiste il pubblico o il privato », puntualizza Balì.

Ernesto Balì
Ernesto Balì dirigente medico oculista Ospedali Chirec di Bruxelles

No work no money

Il motto è No work no money.  L’ospedale trattiene una parte del compenso (25/30% di un intervento e circa il 15% di una visita in ambulatorio), il resto è del medico. Massima autonomia, dunque, per tutti: medici di medicina generale  e ospedalieri che guadagnano non per numero di ore lavorate, ma per obiettivi. Questo fa sì che solo nelle provincie più remote si presenti il tema della carenza dei medici, tamponato, in quel caso, da professionisti provenienti dall’est Europa. «Il sistema funziona benissimo  – sottolinea Ernesto Balì – perché stimola i professionisti. Il sistema spinge verso l’altro e c’è un controllo continuo dell’attività. Qui lo scopo di un primario è mettere tutti i medici nelle condizioni di lavorare al meglio».

Ascolta il podcast dedicato al mondo del lavoro dei medici in Belgio

Per il turista italiano serve la tessere sanitaria europea

Quando un cittadino italiano si trova in Belgio per lavoro o per turismo non si deve preoccupare per l’assistenza sanitaria perché avrà tutte le cure del caso. L’importante è attivare nel modo giusto la copertura sanitaria. Come? «Il cittadino italiano ha modo di andare in Pronto soccorso o da un medico di famiglia in Belgio ed essere preso in cura – spiega Tatiana – . Deve presentarsi con la carta d’identità e il codice fiscale ed avrà tutte le cure di cui ha bisogno». «Il paziente italiano è coperto dall’Italia per tutte quelle che sono le urgenze – aggiunge Balì-, ma il paziente deve prima pagare e poi viene rimborsato dalla sua Regione di appartenenza».

Prevenzione e screening per tutti, senza liste d’attesa

In un paese attento alla salute dei suoi cittadini come il Belgio, esiste un programma di prevenzione che funziona al punto da attirare per screening o esami clinici anche gli  olandesi, senza per altro che esistano liste d’attesa.  Il sistema sanitario belga è infatti il più efficiente d’Europa. «I pazienti possono andare dove vogliono e non hanno liste d’attesa», ammette Ernesto Balì. Una visita specialistica è garantita in 30 giorni, mentre gli interventi chirurgici non superano i 60 giorni. Paradossalmente il Belgio è anche il Paese con il minor numero di medici per abitanti (316 ogni 100 mila abitanti) eppure il sistema garantisce che siano disponibili per tutti.  Quali sono dunque le ragioni di tanta funzionalità?

Ascolta il podcast sugli italiani in Belgio per turismo o per lavoro che necessitano di assistenza sanitaria

 

Federica Bosco
Federica Bosco
Direttore Responsabile di QuotidianodellaSalute.it. Giornalista professionista, con una lunga esperienza nella comunicazione scientifica, sanitaria e nel sociale. “Parlare è un bisogno, ascoltare un’arte” diceva Goethe e forte di questo pensiero a poco più di 20 anni durante gli studi universitari ho iniziato a maturare esperienza in alcune trasmissioni televisive per raccontare lo sport, andando a cercare storie di promesse e futuri campioni. Completati gli studi al master di giornalismo e pubbliche relazioni di Torino, ho iniziato a collaborare con il quotidiano “Stampa Sera”, per diventare qualche anno più tardi inviata per la testata giornalistica Video News, del gruppo Fininvest. Dal 1998 mi occupo di giornalismo di inchiesta. Tra il 2013 ed il 2015 ho condotto una trasmissione televisiva per Media system dedicata al terzo settore per poi virare nella comunicazione sanitaria e scientifica. Amo le sfide e per questo in trent’anni di carriera non mi sono mai fermata. Ho cercato sempre nuove avventure: televisive, radiofoniche, su carta stampata e, negli ultimi dieci anni sul digitale. Nel frattempo, ho pubblicato tre libri inchiesta: La Bambina di Bogotà (2015) tradotto anche in inglese, Sbirri Maledetti eroi (2019) tradotto in francese, tedesco e inglese e RaccontaMI (2021). Apprezzo la gentilezza e la sensibilità, valori che provo a trasmettere anche nel mio lavoro. Professionalità, precisione e rigore sono caratteristiche che mi contraddistinguono. Ho scritto un romanzo su una storia di adozione internazionale perché credo che l’amore non abbia confini... e i bambini siano il bene più prezioso della vita. Amo i miei figli. Adoro viaggiare e scoprire volti e storie da raccontare. Ho fatto atletica per dieci anni a livello agonistico, amo lo sprint, la competizione e il gioco di squadra tre valori che mi ha trasmesso lo sport e che ho fatto miei. Vorrei riuscire a guidare una squadra vincente in grado di scalare una montagna e una volta arrivata in cima capace di pensare di essere solo a metà del percorso.
ARTICOLI CORRELATI

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui

- Advertisment -

Più popolare

Commenti recenti