domenica, Febbraio 9, 2025
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Assistente infermiere: c’è chi dice «Parliamone!»

Per l'assistente infermiere OPI Varese pensa al management e ad una selezione professionalizzante. Uneba suggerisce una formazione scolastica superiore

L’accordo raggiunto in Conferenza Stato Regioni sulla nuova figura professionale dell’assistente infermiere ha scaldato gli animi degli addetti ai lavoro creando posizioni contrastanti tra sindacati e ordini professionali.

Aurelio Filippini Presidente OPI Varese

Il parere di OPI Varese

Se i sindacati in linea di massima si sono espressi contro l’assistente infermiere, diversa è la posizione di Aurelio Filippini, presidente dell’Ordine delle professioni infermieristiche di Varese che rifugge qualunque polemica e a quotidianodellasalute.it dice: «Al tavolo delle trattative, nessuna organizzazione sindacale ha espresso un parere contrario all’introduzione della nuova figura professionale – puntualizza – Sono consapevole che non è la soluzione definitiva ai problemi della sanità ma la professione infermieristica non è in discussione anzi ne esce valorizzata. Lo ha affermato anche il ministro della salute in un recente incontro con gli ordini professionali, per gli infermieri ci sono ulteriori sviluppi formativi professionalizzanti con ricadute sulle competenze, sulle responsabilità e sull’inquadramento contrattuale, percorso che da tempo FNOPI sta costruendo. In ogni caso il documento è stato promulgato, quindi cerchiamo di capire come utilizzare al meglio questa nuova figura. Personalmente ritengo possa avere dei vantaggi».

Formazione dell’ assistente infermiere affidata a Regioni e Ordini

Uno degli elementi cardini della nuova figura è la formazione che sarà affidata alle Regioni di concerto con gli ordini infermieristici e su questo la posizione di Filippini è chiara: «L’assistente infermiere è affidato alla professione infermieristica, cosa che l’OSS non è, quindi abbiamo la possibilità noi di creare una figura che in scienza e coscienza sia utile al sistema salute. Come formarli sarà deciso da noi. Questa è una bella sfida che possiamo giocare bene. Solo noi sappiamo cosa serve alla professione e ai cittadini per la parte assistenziale. Questo  è da mettere sulla bilancia come elemento positivo».

L’organizzazione del lavoro, cosa cambia con l’assistente infermiere

Introdurre una nuova figura significa aggiustare il sistema, cambiare il modello organizzativo e su questo punto Aurelio Filippini sottolinea il ruolo manageriale che andrà ad acquisire l’infermiere. «È fondamentale iniziare a costruire un nuovo sistema – spiega il Presidente di OPI Varese -, occorre cambiare i modelli organizzativi. Non potremo più lavorare solo per compiti, ma per modelli organizzativi già sperimentati in altri Paesi, con gruppi modulari e piccole équipe. Il  gruppo di lavoro sarà diretto da un infermiere che avrà un ruolo manageriale clinico e dovrà gestire un team nel quale ci sarà anche l’assistente infermiere. Un modello organizzativo nuovo, che dovrà essere preparato nelle strutture sanitarie. Questo è il cuore di tutto. Non si potrà prescindere, occorre organizzare il lavoro in modo da inserire l’assistente infermiere affinché sia funzionale al percorso di cura, così si potrà ridurre anche il fenomeno del demansionamento».

Un ruolo da manager con adeguata retribuzione per i team leader

«La figura infermieristica si assume la responsabilità, riappropriandosi del ruolo di manager già stabilito dal profilo professionale degli infermieri dal 1994, quindi anche la condizione contrattuale dovrà essere all’altezza – puntualizza ancora Aurelio Filippini -. Che sia di contratto nazionale, piuttosto che regionale, ciò che conta è che il professionista chiamato a coordinare il team di lavoro nei processi clinico assistenziali, avrà un grado di responsabilità da riconoscere, anche economicamente. Noi come Ordini dovremo garantire un’ottima formazione, anche agli infermieri, e un modello organizzativo funzionale».

«La carenza di formazione un limite? No, se gli esami sono selettivi»

La Conferenza Stato-Regioni prevede che per accedere al corso di assistente infermiere da 500 ore: sarà necessario avere la maturità e due anni di esperienza, o, in assenza, cinque anni di esperienza negli ultimi otto lavorativi. Una scorciatoia che molti leggono come un rischio per la salute dei pazienti.  «In questo caso a fare la differenza sarà la formazione – puntualizza il presidente di OPI Varese – Agli ordini degli infermieri sarà data la presidenza degli esami e a tutti gli infermieri quelli di fare la formazione teorica e pratica. Quindi, di fronte ad un OSS impreparato, scatterà la bocciatura. Se c’è una deroga alla maturità, allora occorre dimostrare di essere davvero preparati».

UNEBA suggerisce nuovi percorsi scolastici per istituti superiori

La formazione sembra essere un nodo cruciale della figura dell’assistente infermiere. Tra coloro che sostengono la necessità di rivedere il percorso universitario sul modello inglese (il primo anno sufficiente alla formazione dell’assistente infermiere), e chi invece suggerisce di potenziare i percorsi scolastici superiori per mettere sul mercato dopo il diploma figure già preparate. «È evidente la necessità e la positività di una figura mediana tra OSS e infermiere – fa notare Luca Degani, Presidente Uneba Lombardia -.Altrettanto necessario sarebbe valutare percorsi che non siano così “pensati” sulla riqualificazione di operatori in servizio, ma che valorizzino gli istituti superiori in modo da ottenere un approccio al lavoro direttamente ai neodiplomati. Basti pensare al fatto che il “tecnico dei servizi sociosanitari”  oggi è un diploma quinquennale che non ha un titolo diretto di accesso alla professione».

Federica Bosco
Federica Bosco
Direttore Responsabile di QuotidianodellaSalute.it. Giornalista professionista, con una lunga esperienza nella comunicazione scientifica, sanitaria e nel sociale. “Parlare è un bisogno, ascoltare un’arte” diceva Goethe e forte di questo pensiero a poco più di 20 anni durante gli studi universitari ho iniziato a maturare esperienza in alcune trasmissioni televisive per raccontare lo sport, andando a cercare storie di promesse e futuri campioni. Completati gli studi al master di giornalismo e pubbliche relazioni di Torino, ho iniziato a collaborare con il quotidiano “Stampa Sera”, per diventare qualche anno più tardi inviata per la testata giornalistica Video News, del gruppo Fininvest. Dal 1998 mi occupo di giornalismo di inchiesta. Tra il 2013 ed il 2015 ho condotto una trasmissione televisiva per Media system dedicata al terzo settore per poi virare nella comunicazione sanitaria e scientifica. Amo le sfide e per questo in trent’anni di carriera non mi sono mai fermata. Ho cercato sempre nuove avventure: televisive, radiofoniche, su carta stampata e, negli ultimi dieci anni sul digitale. Nel frattempo, ho pubblicato tre libri inchiesta: La Bambina di Bogotà (2015) tradotto anche in inglese, Sbirri Maledetti eroi (2019) tradotto in francese, tedesco e inglese e RaccontaMI (2021). Apprezzo la gentilezza e la sensibilità, valori che provo a trasmettere anche nel mio lavoro. Professionalità, precisione e rigore sono caratteristiche che mi contraddistinguono. Ho scritto un romanzo su una storia di adozione internazionale perché credo che l’amore non abbia confini... e i bambini siano il bene più prezioso della vita. Amo i miei figli. Adoro viaggiare e scoprire volti e storie da raccontare. Ho fatto atletica per dieci anni a livello agonistico, amo lo sprint, la competizione e il gioco di squadra tre valori che mi ha trasmesso lo sport e che ho fatto miei. Vorrei riuscire a guidare una squadra vincente in grado di scalare una montagna e una volta arrivata in cima capace di pensare di essere solo a metà del percorso.
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