L’’immunoterapia con Atezolizumab grazie ad una nuova somministrazione sottopelle è in grado di ridurre il tempo di infusione passando da 30 a 7 minuti. Questa soluzione permette al Servizio Sanitario Nazionale di gestire i tempi in modo ottimale e ai pazienti una migliore qualità di vita.
Cos’è l’immunoterapia oncologica sottocute
Atezolizumab è un anticorpo monoclonale sviluppato da Roche. Lo scorso mese di gennaio ha ottenuto l’approvazione di EMA ed successivamente la rimborsabilità di AIFA. Fino ad oggi il farmaco veniva somministrato tramite infusione endovenosa in 30 -60 minuti. Grazie alla nuova formulazione sottocutanea è possibile ridurre il tempo di trattamento a 4-8 minuti, con una media di circa 7 minuti.
Atezolizumab il farmaco per combattere il carcinoma polmonare
La nuova somministrazione più rapida ha lo scopo di migliorare la qualità di vita dei pazienti con tumore. «Atezolizumab viene utilizzato nell’immunoterapia di prima linea del carcinoma polmonare a piccole cellule in fase avanzata insieme alla chemioterapia, nell’immunoterapia singola di prima linea e di seconda linea combinata con chemioterapia a base di platino per pazienti con tumore al polmone non a piccole cellule e nella terapia adiuvante dopo chirurgia nei pazienti NSCLC, sempre con iper-espressione del PDL1. – spiega Filippo de Marinis, Presidente AIOT (Associazione Italiana di Oncologia Toracica) e Direttore Divisione di Oncologia Toracica, IRCCS Istituto Europeo di Oncologia di Milano –. . I risultati dello studio IMscin001 e IMscin002 hanno dimostrato la stessa efficacia e sicurezza della formulazione sottocute rispetto a quella endovena, con una forte preferenza dei pazienti e degli operatori sanitari».
Altri tumori trattabili con immunoterapia sottocute
Tra i tumori trattabili con Atezolizumab sottocute figura anche il carcinoma epatocellulare. «Il tumore al fegato è il nono tumore per incidenza in Europa e solo in Italia ci sono più di 33.000 persone che convivono con questa malattia – spiega Massimo Iavarone, Professore Associato di Gastroenterologia dell’Università degli Studi di Milano –. La gestione di questa neoplasia richiede un approccio multidisciplinare. Per i pazienti con epatocarcinoma negli stadi più avanzati di malattia l’immunoterapia significa più tollerabilità. La diminuzione dei tempi è un vantaggio non solo per i pazienti, ma anche per il SSN perché permette di trattare più persone, circa il 50% in più, in una sola giornata».
Gli studi confermano sicurezza ed efficacia del farmaco
L’approvazione di AIFA si basa sui dati degli studi globali IMscin001 e IMscin002. Il primo ha confermato il profilo di sicurezza ed efficacia di Atezolizumab sottocute in linea con la formulazione in endovena. Inoltre, ha riscontrato il massimo gradimento anche dagli operatori sanitari. Il 90% di coloro che sono stati coinvolti nello studio ha ritenuto la formulazione sottocute facile da somministrare, mentre il 75% ha rilevato un potenziale risparmio di tempo nell’organizzazione sanitaria rispetto alla formulazione in endovena.
I vantaggi per il SSN
Lo studio IMscin002 ha evidenziato un maggior gradimento anche da parte dei pazienti oncologici, ma un vantaggio organizzativo per il sistema sanitario nazionale spesso stressato da liste d’attesa molto lunghe. « Gli studi clinici hanno dimostrato che i pazienti preferiscono la modalità sottocute (71% secondo lo studio IMscin002), trovandola più confortevole e meno invasiva – spiega Federico Cappuzzo, Direttore di Oncologia Medica 2, Istituto Nazionale Tumori Regina Elena di Roma – D’altro canto, anche le strutture sanitarie possono trarre enormi benefici da questa opzione. Grazie al tempo di somministrazione, che è molto più breve rispetto all’infusione endovenosa, è possibile trattare un numero maggiore di pazienti. Questo non solo migliora l’efficienza organizzativa, ma risulta essere un aspetto molto apprezzato dai pazienti stessi, che traggono vantaggio da un trattamento più rapido e meno impegnativo».
I benefici per il paziente
Oltre a gradire il minor tempo di infusione, per i pazienti la somministrazione sottocute rappresenta un beneficio anche in termini di relazione di cura come conferma Gianluca Falcone, infermiere del Vanvitelli di Napoli: «la somministrazione sottocute permette all’infermiere di concentrarsi interamente sul paziente, favorendo ascolto, dialogo e un rapporto più umano. Il trattamento può essere, inoltre, dispensato in spazi più riservati rispetto alle tradizionali poltrone infusionali e questo rende l’esperienza meno stressante e più confortevole. L’organizzazione all’interno dei Day Hospital diventa più snella ed efficiente e questo cambiamento genera ulteriori benefici anche per caregiver e familiari». Sulla stessa lunghezza d’onda è Francesco De Lorenzo, Presidente Federazione italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia (FAVO) «I malati di cancro si aspettano, al più presto, farmaci innovativi, una riduzione degli effetti collaterali ed anche una semplificazione delle modalità della somministrazione. La recente approvazione di Atezolizumab rappresenta un passo avanti in questa direzione».