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Alzheimer e Parkinson, ci pensa l’invertebrato Botrillo

Dall’invertebrato Botryllus Schlosseri nuove risposte per Alzheimer e Parkinson. Pubblicato su «Brain communications» lo studio congiunto dell’Università di Padova e della Statale di Milano sulle specificità del cervello e sul ciclo di vita di un piccolo animale marino che vive nella Laguna Veneta

Alzheimer e Parkinson, ci pensa l’invertebrato Botrillo. Oggi, 2 ottobre, Festa dei nonni, arriva un regalo importante grazie allo studio di Alzheimer e Parkinson. Dall’Università di Padova e dalla Statale di Milano, ecco un piccolo animale marino che vive nella Laguna Veneta.

Invecchiamento patologico, i numeri

Con l’aumento dell’aspettativa di vita, l’invecchiamento patologico ha acquisito sempre più importanza. Si stima che l’1% delle persone oltre i 60 anni, nei paesi industrializzati, sia affetta dal morbo di Parkinson. Si prevede un aumento dai 50 milioni, del 2010, ai 113 milioni nel 2050 per le diverse forme di demenza, tra cui l’Alzheimer.

Botryllus Schlosseri (Botrillo)

Per capire i meccanismi alla base di queste malattie un aiuto potrebbe arrivare da un piccolo animale marino. Arriva l’invertebrato Botryllus Schlosseri (Botrillo), che risulta essere un perfetto “laboratorio” di studio.

Sfide per la medicina

«Le malattie neurodegenerative e l’invecchiamento cerebrale rappresentano una sfida importante della medicina. Questo  considerato l’aumento della durata della vita media e la necessità di un invecchiamento sano – spiega Alberto Priori, docente di Neurologia del Dipartimento di Scienze della Salute all’Università degli Studi di Milano e coordinatore ricerca – . Una rilevante criticità nello studio di questi fenomeni è la messa a punto di modelli biologici semplici e ripetibili».

Botrillo innovazione importante

Il Botrillo rappresenta in tal senso: «Un’innovazione determinante perché riassume l’invecchiamento e la degenerazione dei suoi neuroni. Un ciclo vitale che avviene nel giro di pochi giorni con omogeneità genetica. Questo consente, a basso costo, la valutazione di diversi stimoli ambientali, farmacologici e fisici. Da un punto di vista genetico, ma anche metabolico. Credo che gli studi sul Botrillo ci potranno fornire preziose informazioni su meccanismi alla base di malattie neurodegenerative come Alzheimer e  Parkinson», conclude Priori.

Botrillo vita da Laguna Veneta

«Il Botrillo è davvero speciale perché è un animale che forma colonie in cui ciclicamente gli animali adulti, che si dispongono a raggera come dei piccoli fiori, degenerano simultaneamente. In laboratorio, questo succede ogni settimana e ci dà la possibilità di studiare ripetutamente la degenerazione del cervello – afferma Lucia Manni, Dipartimento di Biologia, Università di Padova, coordinatrice ricerca -. Peraltro, mentre gli adulti degenerano, ci sono dei nuovi individui che li vanno a sostituire. Perciò, accanto a cervelli che degenerano, ce ne sono altri (le gemme) che contemporaneamente si sviluppano. Le gemme in crescita non vengono ‘contaminate’ dalla degenerazione dei loro genitori, anche se condividono lo stesso sistema circolatorio. Questo ci dà la possibilità di studiare anche i meccanismi che possono proteggere i cervelli in formazione dalla neurodegenerazione. Se si considera poi che le colonie possono vivere in Laguna un paio di anni, possiamo anche confrontare la neurodegenerazione di colonie giovani e vecchie».

Modello a invecchiamento rapido

Il Botrillo offre un’opportunità di ricerca unica grazie alla particolarità del suo ciclo vitale. Si riproduce sia in modo sessuato (dando origine a una larva a forma di girino che nuota) che asessuato (ovvero, gli individui della colonia generano gemme geneticamente identiche grazie ad un processo di gemmazione). Proprio grazie alla comparsa di nuove gemme e alla contemporanea morte degli individui vecchi, nel Botrillo troviamo fasi di vita ricorrenti in cui le colonie ringiovaniscono settimanalmente. Anche per questa ragione questo invertebrato è di per sé un “modello a invecchiamento rapido” che permette di studiare la neurodegenerazione con cadenza settimanale e nello stesso ambiente genetico, cioè in individui identici come gemelli.

Caratteristiche del Botrillo

Altra peculiarità è che il Botrillo mostra risposte comportamentali semplici che dipendono dall’attivazione di diversi recettori, suggerendo che esistano differenti circuiti sensomotori proprio come nell’uomo e in altri mammiferi. Questi semplici comportamenti ci permettono di quantificare facilmente le abilità degli individui in degenerazione. In questo invertebrato, inoltre, i neuroni in degenerazione presentano caratteristiche morfologiche e cause di morte cellulare proprio come avviene nelle malattie neurodegenerative umane derivate da proteinopatie (causate, ad esempio, da un mal ripiegamento delle proteine).

Amiloidogenesi

Ovvero la formazione di depositi proteici extracellulari che provoca la morte neuronale nell’Alzheimer, è un processo fisiologicamente attivo anche nel Botrillo. L’ipotesi che la neurodegenerazione in Botrillo sia simile alle proteinopatie delle malattie neurodegenerative umane deriva dal fatto che, nella stessa colonia, possono coesistere lo sviluppo di nuovi neuroni nelle gemme e la degenerazione dei neuroni vecchi degli adulti.

Invertebrato con molti geni

«Molto significativo è il fatto che questo invertebrato coloniale esprime un alto numero di geni che codificano per proteine coinvolte nelle malattie neurodegenerative umane – sottolinea Chiara Anselmi, Dipartimento di Biologia, Università di Padova, prima autrice – Questi geni sono espressi in modo differente nelle diverse fasi della vita del Botrillo e sono associati a un peggioramento dell’abilità di rispondere agli stimoli esterni e ad una diminuzione del numero dei neuroni man mano che l’animale si avvicina alla fase di degenerazione»

Nuovi scenari per le malattie

«Il presente studio apre due importanti scenari. Il primo è rivolto ad una migliore comprensione di ciò che accade, sin dalle prime fasi di malattia, nella neurodegenerazione umana, ad esempio nella Malattia di Alzheimer o nella malattia di Parkinson. Il secondo, forse ancor più affascinante, è legato alla possibilità di investigare l’effetto di metodiche di neurostimolazione non invasive come la terapia neuroprotettiva, ovvero in grado di modificare il decorso di malattia sin dalle sue prime fasi, caratteristica questa che sarebbe unica rispetto a tutte le altre terapie, farmacologiche e no, presenti al momento e di fatto meramente sintomatiche», conclude Tommaso Bocci, ricercatore di Neurologia del Dipartimento di Scienze della Salute della Statale di Milano e primo autore.

Il fascino della scoperta

Sulla base di questi risultati, Botryllus Schlosseri può rappresentare un nuovo, affascinante, modello di sviluppo e rigenerazione, con il potenziale di rivelare i meccanismi dei disturbi umani, tra cui l’Alzheimer e il Parkinson. Ciò potrebbe portare all’identificazione di nuovi bersagli farmacologici e allo sviluppo di strategie innovative non farmacologiche e, dato il breve ciclo di vita di questo semplice e piccolo animale, in tempi relativamente brevi.

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