lunedì, Gennaio 13, 2025
HomeSanità TerritorialeCampaniaAggressioni medici, la testimonianza: «Ho avuto paura, oggi aiuto i colleghi con...

Aggressioni medici, la testimonianza: «Ho avuto paura, oggi aiuto i colleghi con un’associazione».

Manuel Ruggiero medico del 118 a Napoli e presidente di “Nessuno tocchi Ippocrate” dice: «Il daspo aumenterebbe la tensione. Servono drappelli di polizia in PS e numero unico per emergenza urgenza e continuità territoriale»

Le aggressioni ai danni di medici e infermieri accaduta nei giorni scorsi a Foggia è solo l’ultimo episodio di una lunga escalation di violenza che interessa il personale medico e gli operatori sanitari costretti, ogni giorno, a vivere in trincea.

Quotidiano della Salute ha raccolto la testimonianza di un medico che nell’arco della sua carriera è stato vittima di più aggressioni.

Essere medico del 118  a Napoli

Lui è Manuel Ruggiero (nella foto), oggi dirigente medico del 118 presso l’Asl Napoli 2. Nella sua carriera nell’emergenza  urgenza del capoluogo campano, ha subito diverse aggressioni. L’ultima un anno e mezzo fa. «Quanto accaduto a Foggia è nulla rispetto a ciò che siamo costretti a subire in Campania. Qui le aggressioni fisiche sono all’ordine del giorno, anche con la pistola. A volte ho l’impressione di vivere nel Far West», ammette il dottor Ruggiero, mentre la mente corre all’ultima aggressione subita per mano di un paziente.  «Con il mio equipaggio del 118 siamo stati aggrediti da un utente sotto l’effetto di sostanze stupefacenti. Nel tentativo di immobilizzarlo per prestare le cure del caso,  l’uomo ha tentato di tagliarci la gola con una scheggia di vetro. Non è arrivato a compiere l’atto solo perché sono intervenute le forze dell’ordine».

Per 118 e Pronto Soccorso le aggressioni sono all’ordine del giorno

Secondo le statistiche la maggior parte delle aggressioni avviene proprio nei confronti di operatori del 118 e a medici e infermieri del pronto soccorso. Un dato che  per Ruggiero è imputabile ad una gestione non corretta dei pazienti. «Se il cittadino di fronte ad un problema di salute si rivolgesse al suo medico di medicina generale anziché andare al pronto soccorso dell’ospedale più vicino, tante aggressioni si eviterebbero – fa notare Ruggiero – Quando il sistema si intasa, le ore di attesa aumentano. Cosa significa questo? Che le persone tranquille manifestano il proprio disappunto, i più facinorosi aggrediscono. Purtroppo, noi viviamo il fallimento del sistema sanitario in prima persona perché siamo il front  office e ne paghiamo le conseguenze».

Tornare al lavoro dopo un’aggressione: c’è chi rischia il burnout

Conseguenze che si ripercuotono anche sul lavoro, la tranquillità viene meno e lo stress accompagna medici e operatori sanitari per giorni, a volte per anni. «Riprendere il lavoro dopo un aggressione non è facile. Personalmente sono sempre  tornato al lavoro il giorno dopo – racconta –. Anche se oggi quando  vedo un clima teso faccio un passo indietro e non due  avanti come accadeva prima. Ho visto però colleghi provati, che hanno dovuto cambiare lavoro per effetto del burnout».

L’associazione “Nessuno tocchi Ippocrate” offre assistenza legale a medici e infermieri aggrediti

Fare un passo indietro nelle situazioni di tensione, ma uno avanti per aiutare i colleghi, questo il mantra del dottor Ruggiero che nel 2017,  quando era medico della centrale operativa  all’Ospedale Cardarelli di Napoli,  ha dato vita all’associazione “Nessuno tocchi Ippocrate”. «Quando mi trovai ad essere spettatore di un’aggressione fisica ai danni di un collega che con il volto insanguinato si rifugiò nel mio ufficio, decisi di fare qualcosa. Siccome il percorso di giustizia è molto lungo e fino ad oggi le istituzioni hanno fatto poco per mettere in sicurezza medici e operatori sanitari,  ho deciso di denunciare pubblicamente le aggressioni con una campagna mediatica sui social.   Devo dire che negli anni  abbiamo ottenuto una certa visibilità».  Ventitré mila follower su Tiktok, 57.000 su Facebook sono i numeri raggiunti dall’associazione “Nessuno Tocchi Ippocrate” che offre a medici e infermieri tutela legale.

Forze di Polizia in Pronto Soccorso per ridurre le aggressioni

«Le aziende ospedaliere dovrebbero farsi carico del sostegno psicologico dei medici aggrediti, ma non sempre ciò accade», lamenta il Presidente di “Nessuno tocchi Ippocrate” che prova a suggerire anche qualche rimedio. «Il daspo sanitario proposto dal Governo alimenterebbe solo rabbia e senso di rivalsa di chi, costretto a pagare le prestazioni sanitarie per tre anni, in PS avrebbe la presunzione di volere attenzioni subito. Piuttosto servirebbe un numero unico per gestire l’emergenza e urgenza e la continuità assistenziale. In questo modo si eviterebbero tanti accessi al PS inutili. Inoltre, sarebbe opportuna la presenza di drappelli di polizia in tutti i  Pronto Soccorso. Avrebbero una funzione di deterrente – spiega – .Una iniziativa di questo tipo è stata fatta dal Ministro Matteo Piantedosi in passato, con buoni risultati. Purtroppo, non in tutti gli ospedali è stata attivata la sperimentazione e si è creata una situazione di medici di serie A e serie B. Ora vige un protocollo per cui all’atto dell’aggressione noi medici non siamo tenuti ad intervenire se la scena non è sicura. Cosa significa questo? Che i famigliari dovrebbero sapere che ogni momento di tensione corrisponde a minuti persi per salvare la vita del congiunto».

 

Federica Bosco
Federica Bosco
Direttore Responsabile di QuotidianodellaSalute.it. Giornalista professionista, con una lunga esperienza nella comunicazione scientifica, sanitaria e nel sociale. “Parlare è un bisogno, ascoltare un’arte” diceva Goethe e forte di questo pensiero a poco più di 20 anni durante gli studi universitari ho iniziato a maturare esperienza in alcune trasmissioni televisive per raccontare lo sport, andando a cercare storie di promesse e futuri campioni. Completati gli studi al master di giornalismo e pubbliche relazioni di Torino, ho iniziato a collaborare con il quotidiano “Stampa Sera”, per diventare qualche anno più tardi inviata per la testata giornalistica Video News, del gruppo Fininvest. Dal 1998 mi occupo di giornalismo di inchiesta. Tra il 2013 ed il 2015 ho condotto una trasmissione televisiva per Media system dedicata al terzo settore per poi virare nella comunicazione sanitaria e scientifica. Amo le sfide e per questo in trent’anni di carriera non mi sono mai fermata. Ho cercato sempre nuove avventure: televisive, radiofoniche, su carta stampata e, negli ultimi dieci anni sul digitale. Nel frattempo, ho pubblicato tre libri inchiesta: La Bambina di Bogotà (2015) tradotto anche in inglese, Sbirri Maledetti eroi (2019) tradotto in francese, tedesco e inglese e RaccontaMI (2021). Apprezzo la gentilezza e la sensibilità, valori che provo a trasmettere anche nel mio lavoro. Professionalità, precisione e rigore sono caratteristiche che mi contraddistinguono. Ho scritto un romanzo su una storia di adozione internazionale perché credo che l’amore non abbia confini... e i bambini siano il bene più prezioso della vita. Amo i miei figli. Adoro viaggiare e scoprire volti e storie da raccontare. Ho fatto atletica per dieci anni a livello agonistico, amo lo sprint, la competizione e il gioco di squadra tre valori che mi ha trasmesso lo sport e che ho fatto miei. Vorrei riuscire a guidare una squadra vincente in grado di scalare una montagna e una volta arrivata in cima capace di pensare di essere solo a metà del percorso.
ARTICOLI CORRELATI

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui

- Advertisment -

Più popolare

Commenti recenti